Testo, regia, VJ: Elena R. Marino
Con: Silvia Furlan
Produzione: 2016 Teatrincorso – Live Art snc
Progetto vincitore del Bando OFF/SANBABOLIS Residenze diffuse 2015
Progetto vincitore del Bando di Residenza Artistica Hazard Context #7 – OFFICINE CAOS aprile 2015 – STALKER TEATRO – TORINO
Progetto selezionato per Stazioni d’Emergenza – Galleria Toledo, Napoli 2015
Sinossi
Uno spettacolo che racconta in modo coinvolgente e visionario il vortice del gioco d’azzardo, al femminile. Una passione per il gioco che diviene metafora dell’ansia sempre più invasiva di “risarcimento esistenziale”. Un’esigenza di vincere grazie all’azzardo che può insinuarsi in ciascuno di noi. Playhard è una corsa senza respiro, uno slancio e un salto nel vuoto, per un attimo felici, d’una felicità isterica, per un risarcimento completo. Vogliamo il lieto fine a tutti i costi.
Note di regia
Playhard è una follia pura, lucida, che prende il volo sulle ali di un desiderio sfrenato di felicità. Per una volta tutto deve andare bene, per una volta capiterà di vincere tutto. Se la società, il lavoro, la vita personale chiudono i battenti, deludono, erodono, usurano, allora “giocare forte” rimane l’ultima soluzione. Per una volta: Superman del destino.
Nessun dramma didattico sul “gioco patologico”: ma un’interrogazione a più riprese, a più direzioni, sul come e sul perché un’intera nazione chiuda gli occhi e si rifugi sempre più nella scommessa, nell’isterica scommessa su una vittoria, quale che sia, su un risarcimento esistenziale che d’un colpo, con un colpo di dadi, annienti decenni di scempio della dignità, della verità, della giustizia sociale, morale e penale.
Playhard è una corsa senza respiro, uno slancio e un salto nel vuoto, per un attimo felici, d’una felicità isterica, per un risarcimento completo. Vogliamo il lieto fine a tutti i costi. Playhard è una donna, questo è il suo soprannome, tutto quello che impara a fare è “giocare forte, giocare tanto, giocare duro”. Che lo spazio scenico sia campo di gioco, che il gioco sia per vivere o morire, soccombere alla stanchezza o rilanciare, rilanciare, ancora una volta rilanciare. Tutto il mondo di immagini e parole che ci vive addosso, giorno dopo giorno, deve trovare un luogo in cui conflagrare. Così mettiamo in campo il linguaggio, lo scardiniamo, ci soffermiamo sui meccanismi, li esaltiamo, vogliamo esaminarli da vicino, portarli alle estreme conseguenze: che le parole mettano su i loro teatrini, che i personaggi pensino di entrare in scena, e che poi rimangano a risuonare i frammenti, le glossolalie, le intermittenze di un senso altro.
Proiettiamo immagini che interagiscono con il corpo del performer, formano parole ed echi con strascichi visualizzati, frammenti di mondo, assembramenti di gente che vengono evocati come fantasmi a prendere parte al gioco rituale. L’estrema forza ed energia, l’estremo vigore e grido, l’estrema felicità e volontà sfrenata di successo subiscono la metamorfosi loro dovuta, diventano antri d’anima, in cui un istante di silenzio, un istante di immobilità, un istante di buio, un istante di solitudine risplendono finalmente come tutto ciò che avevamo sempre agognato: un momento di tregua dall’affollato massacro della vita.
Mettiamo in gioco il linguaggio, dopo ricerche e approfondimenti sulle patologie della comunicazione e del pensiero nell’ambito del gioco d’azzardo patologico e non solo. Il linguaggio come continua “messa in scena” di microdrammi, prescrizioni, predizioni, conformazioni di destini. Abbiamo consultato libri ed esperti, arrivando a semplici esperienze personali. Teniamo presente Dostoevskij, ma anche il Balzac di “La pelle di zigrino” e altri testi che abbiamo incontrato nelle ricerche. E il cinema. Al teatro d’attore mescoliamo l’interesse per la tecnica audio e video, con elaborazioni da integrare – sperimentando interazioni con i performer – ogni volta in modo diverso nello spazio scenico. Lo spazio accoglie e trasfigura: attraverso luci e proiezioni “alluciniamo” i luoghi fino a trasfigurazioni. Ci interessano le stratigrafie, e i cortocircuiti generati dalla conflagrazione di elementi lontani, apparentemente allotri. Cerchiamo una commedia drammatica, un ridere che risuoni d’amarezza. Un’esaltazione visionaria che coinvolga il pubblico attraverso il ritmo e l’energia (attraverso elementi formali di asimmetria prima ancora che di simmetria), e lo immetta nello spazio scenico come elemento indispensabile, non minimizzato, del gioco in atto. Il monologo diventa dialogo, coro, interazione, creazione di mondi. Le parole, elemento scenico.
Scarica il PDF dello spettacolo, completo di scheda tecnica: Dossier Playhard
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